PRESEPE VIVENTE 2018
Valle Lavatorio

Cacacauzune, Cacacauzone: timoroso (1700), vigliacco, vile.
Cacacazzo e Cacambrello: rompiscatole.
Cacafaggioli, chahafagioli: così erano detti dispregiativamente i Fiorentini … e cacafoglie i napoletani, un tempo ghiotti di verdura.
Cacamagna, cacamaglia: carcere per la feccia del popolo, dove si mangia e si evacua. O dove si è torturati dalle guardie sino a cacare maglia, denaro (caca-maglia).
Cacapanelle: persona vile. Il Galiani intende con tal parola anche un mascalzone che non può evacuare altro se non il pane che soltanto mangia.
Cacapenziere: equivale a scacciapensieri (il marranzano, o trumba), fannullone, spensierato.
Cacapericule: spericolato.
Caca pezzolle: stracciona. Le pezzolle sono gli stracci. Nel Sarnelli il termine semmenapezzolle.
Caca-zibetto, caca-zebetto, cacaposema, cacazeremonie, cacatallune, caca-trònola, cacapozillo.
Cacarone: timido, vile, persona da nulla.
Ma primmo vò chella saetta franca de Pannaro trovà pe la baruffa, non pecchè a isso spirito lle manca, ca maie de cacarone ha dato muffa (Giancola Sitillo, Eneide in napoletano).
Cacasella: esperto cavalcatore. Croce traduce: consuma-selle; in

Cacasicco: stitico, cioè taccagno, avaro.
Cacasotto: fifone, chi ha timore di osare.
Cacatronela, cacatronola: volgarmente rumorosa … indica la donnaccola becera, sfrontata, scostumata che non si fa scrupolo di “fare trombetta” del proprio posteriore
Ciantella, cierne–pedeta! Masella, cacatronole! Guattara, scola–vallane! Scanfarda, piscia–pettole! Schiatta, crepanta, sfonnola! Abbotta, e fà la guallara! Nasella, scanfarda, piscia–pettole, lejestra, jenimma de vordiello, maddamma poco–fila, cacciannante, pedetara, ecc. ecc.
Cacaturo: gabinetto.
Cacaturze: vile, timoroso, pavido.
Cacavesse: diarree, paure. Etimologicamente da cacare e vessa (emettere loffa, peto).

Cacavrache: vigliacco.
Nce sara no potrone vota facce, No iodio caca vrache, na gallina, No poveriello d’armo, Core de pollecino, Sorriesseto, atterruto, Agghiajato, schiantuso, Che tremma comm’a junco, Sempre fila sottile, Sempre ha la vermenara, Lo filatorio ncuorpo, E le face paura l’ombra soja; S’uno lo mira stuorto, Fa na quatra de vierme; Si n’antro l’ammenaccia, tu lo vide Comm’a quaglia pelata; Deventa muorto e spalleto. Le manca la parola, E subeto le veneno li curze, Si chillo caccia mano, assarpa, e sbigna! … (G. Basile, egroca La Tenta).
Cacazecchini o Cacamaglia: le carceri. Perché i carcerieri, abusando malvagiamente del loro potere, spillavano continuamente denari ai poveri e maltrattati carcerati (maglia fu il nome di una moneta, quindi maglia sta per zecchini). Si dice anche Cacamagna, perché in carcere si è ridotti a mangiare ed evacuare.
Cacazibbetto o cacazibbette: milordino.

L'Acqua, il fiume, il tempo che scorre, il liquido amniotico … la morte e la resurrezione … la rigenerazione … la vita, il Pozzo è il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee; ma anche col cielo, nel pozzo cadde la stella cometa al termine del viaggio dei re Magi … così ha origine la leggenda del pozzo dei desideri.
La gente credeva che, in cambio di un'offerta, lo spirito abitante del pozzo avrebbe garantito il realizzarsi di un desiderio … ed è importante notare che la presenza delle monete, generalmente fatte in rame o argento, produceva una reazione chimica che impediva all'acqua di diventare acida (ad esempio bloccando le emissioni di sostanze quali l'acido solfidrico da parte dei batteri).

Matilde Serao (Leggende napoletane, 1881) racconta la storia, probabilmente in origine reale, di questo sfortunato e bizzarro personaggio


Non è lo gnomo che danza sull'erba molle dei prati, non è lo spiritello che canta sulla riva del fiume; è il maligno folletto delle vecchie case di Napoli, è lu munaciello. Non abita i quartieri aristocratici di Chiaia, di S. Ferdinando, del Chiatamone, di Toledo, non abita i quartieri nuovi di Mergellina, del rione Amedeo, di via SaIvator Rosa, di Capodimonte: la parte ariosa, luminosa e linda della città, non gli appartiene. Ma per i vicoli che da Toledo portano giù, per le tetre vie dei Tribunali e della Sapienza, per la triste strada di Foria, per i quartieri cupi e bassi di Vicaria, di Mercato, di Porto e di Pendino, il folletto borghese estende l'incontrastato suo regno.
Dove è stato vivo, s'aggira come spirito; dove è apparso il suo corpo piccino, la testa grossa, la faccia pallida, i grandi occhi lucenti, la tonacella nera, la pazienza di lana bianca ed il cappuccetto nero, lì ricompare, nella medesima parvenza, pel terrore delle donne, dei fanciulli e degli uomini. Dove lo hanno fatto soffrire, anima sconosciuta e forse grande in un corpo rattrappito, debole e malaticcio, là egli ritorna, spirito malizioso e maligno, nel desiderio di una lunga ed insaziabile vendetta. Egli si vendica epicamente, tormentando coloro che lo hanno tormentato.


Quando la buona massaia trova la porta della dispensa spalancata, la vescica dello strutto sfondata, il vaso dell'olio riverso e il prosciutto addentato dal gatto, è senza dubbio la malizia del munaciello, che ha schiusa quella porta e cagionato il disastro. Quando alla serva sbadata cade di mano il vassoio ed i bicchieri vanno in mille pezzi, colui che l'ha fatta incespicare, è proprio lui, lo spiritello impertinente; è lui che urta il gomito della fanciulla borghese, che lavora all'uncinetto e le fa pungere il dito; è lui che fa traboccare il brodo dalla pentola ed il caffè dalla cogoma; è lui che fa inacidire il vino nelle bottiglie; è lui che dà la iettatura alle galline, che ammiseriscono e muoiono; è lui che spianta il prezzemolo, fa ingiallire la maggiorana e rosicchia le radici del basilico. Se la vendita in bottega va male, se il superiore all'uffizio fa una rimenata, se un matrimonio stabilito si disfa, se uno zio ricco muore, lasciando alla parrocchia, se al lotto vien fuori 34, 62, 87 invece di 35, 61, 88 è la mano diabolica del folletto, che ha preparato queste sventure grandi e piccole.


A Castellammare di Stabia gli è stata intitolata una strada, «via Monaciello», a Scanzano, poiché si dice che in tale luogo, fino agli anni cinquanta, col giungere delle tenebre, appariva il munaciello, che “paliava” il malcapitato di passaggio.
Si suol mostrare in abito ecclesiastico con zucchetto; e beato chi può strapparglielo, è la fonte d'una fortuna, ch'era follia sperare.
Andrea Gosso
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